Dopo la
vittoria della FLC CGIL ripristinate le regole del contratto nazionale.
A seguito
del nostro ricorso, la sentenza del TAR 5714 del 17 aprile 2015 annulla la circolare 2/14 del Ministero della funzione pubblica, dichiara
illegittime disposizioni unilaterali sulla materia e riconduce la
questione nell’alveo corretto, ovvero quello contrattuale.
Nella sentenza si affermano alcuni punti molto
importanti:
- i permessi che il contratto ha
previsto ad altro scopo (motivi personali o di famiglia), così come
i permessi brevi o le ferie, non vanno obbligatoriamente utilizzati (come
affermato nella circolare 2/14) per giustificare assenze che hanno a che
fare con la prevenzione della salute o con la malattia;
- questi permessi per visite
mediche, quando non sono direttamente riconducibili alla malattia in
quanto tale, sono comunque un diritto sancito dalla legge;
- la sede legittima per regolare
la materia è quella contrattuale, così come riconosciuto
implicitamente dallo stesso atto d’indirizzo emanato dal
Dipartimento della funzione Pubblica all’Aran.
Il Tar conferma integralmente la tesi che abbiamo
sostenuto fin dall’inizio, ovvero che:
- la legge ha previsto per
l’effettuazione di visite mediche, terapie, prestazioni
specialistiche ed esami diagnostici il diritto a fruire di permessi
retribuiti quando tali visite non siano immediatamente riconducibili a
malattia. Dunque la legge ha introdotto una nuova fattispecie di permesso
retribuito ed ha stabilito come lo stesso debba essere giustificato;
- questi permessi retribuiti,
quindi, non devono rientrare nei limiti quantitativi previsti dai
contratti per tutte le altre tipologie di permesso (o alle stesse ferie) e
per altro scopo (per “motivi personali”, 3 soli giorni
l’anno per gli Ata e 3 + 6 di ferie per i
docenti nella scuola, art. 15 c. 2 del CCNL/07), né nei limiti dei
permessi brevi (art. 16 del CCNL/07). Dunque si tratta di permessi
aggiuntivi, cosi come sono da tempo aggiuntivi altri permessi previsti da
specifiche norme di legge (ad esempio per la donazione del sangue);
- nell’accordo quadro da
stipulare all’Aran si stabilirà se tali permessi andranno
“computati nel limite massimo di comporto della
malattia”, o meno, ma certamente, a nostro avviso, senza essere
sottoposti alle decurtazioni di legge previste in caso di malattia breve.
Questa
sentenza rende nulli anche tutti gli atti compiuti dall’amministrazione,
in attuazione della circolare 2, laddove avessero “trasformato
d’ufficio” le richieste di assenze per malattia da parte dei
lavoratori in permessi retribuiti ai sensi dell’art. 15 comma 2 (e non
comma 7) del CCNL/07, o in permessi brevi ai sensi dell’art. 16 sempre
del CCNL/07, o in ferie ai sensi dell’art. 13, compromettendo di fatto la
possibilità di fruizione di questi permessi per gli scopi previsti nel
contratto stesso.
Riepiloghiamo di seguito le varie fasi di questa
vertenza.
Sulle
assenze per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami
diagnostici è intervenuta, come noto, prima una recente legge (comma
5-ter dell’art. 55-septies del Dlgs 165/01 introdotto
dall’art. 16, comma 9, legge 111 del 15 luglio 2011) e successivamente il
Dipartimento della funzione Pubblica con la circolare 2 del 17 febbraio 2014.
Il comma
5-ter dell’art. 55-septies del DLgs 165/2001 (successivamente
modificato dalla legge 125 del 30 ottobre 2013), recita: “Nel
caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento
di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il
permesso è giustificato mediante la presentazione
di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata
dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o
la prestazione o trasmessa da questi ultimi mediante posta
elettronica”.
Il
Dipartimento della funzione Pubblica, con la circolare n. 2 del 17 febbraio 2014, aveva impartito
disposizioni applicative inaccettabili e non previste affatto dalla legge
(obbligo a fruire dei permessi giornalieri, permessi orario e ferie previste
dai contratti), disposizioni che la FLC CGIL aveva subito contestato
ritenendole lesive dei diritti dei lavoratori e lesive
del diritto alla tutela della salute ed aveva subito chiesto al ministero
della Funzione Pubblica di ritirarla e al MIUR di chiarire che comunque non si
applicava né al comparto della scuola, né agli altri comparti
pubblici della conoscenza. Questo perché la circolare metteva di fatto
un limite al diritto dei lavoratori a tutelare la propria salute.
Dopo un
incontro infruttuoso con il ministro Madia, abbiamo presentato ricorso al TAR per chiederne
l’annullamento. Il ministro non ha ritirato la circolare, ammettendo solo
che ci sono problemi, ed emana un atto d’indirizzo all’Aran
chiedendo di regolare con i sindacati, in un accordo quadro e una volta per
tutte, la materia dei permessi per tutti i comparti pubblici.
Lo scopo
dell’iniziativa presa dal ministro della Funzione Pubblica è
evidente: definire in modo pattizio una norma comune
in tutto il pubblico impiego sulla complessa materia delle assenze (permessi
retribuiti, permessi orario, gravi patologie, congedi orario per
maternità, diritto allo studio anche al personale precario), superare
l’empasse in cui si è pervenuti su questa delicata materia a causa
di improvvidi interventi unilaterali (dovuti più che alla legge alla
circolare della stessa Funzione Pubblica) e superare il numeroso contenzioso
che nel frattempo si è generato, visto che sono in ballo diritti
fondamentali quale quello alla prevenzione della salute. Tale trattativa
è tutt’ora in corso e procede con molte difficoltà.
Ora questa
decisione del TAR dà forza alla trattativa in corso all’Aran sulla materia, al
fine di trovare in sede negoziale soluzioni condivise.
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